National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)

by Elena_myscratchmap
National Portrait Gallery Londra

Londra ospita una miriade di musei: ce n’è davvero per tutti i gusti oltre che per tutte le tasche!

Tra i più famosi e gettonati ci sono il British Museum, la National Gallery, il Victoria & Albert Museum, il Natural History Museum e ovviamente le due Tate.

Se però li avete già visitati o siete alla ricerca di qualcosa di alternativo, vi consiglio di fare un salto alla National Portrait Gallery dove ammirare i ritratti di uomini e donne che hanno fatto – e continuano a fare – la storia britannica.

National Portrait Gallery a Londra: la collezione

La National Portrait Gallery ospita più di 12.000 ritratti, tra dipinti, disegni e fotografie.

Una collezione enorme, organizzata in ordine cronologico: dalle sale del periodo Tudor fino alle icone pop dei nostri giorni.

Grande spazio ovviamente dedicato a reali e politici, ma troviamo anche letterati, scienziati, filantropi, così come uomini e donne che hanno ispirato movimenti come l’antischiavismo e il femminismo.

Premesso che diversi sono i percorsi tematici che si possono seguire, in questo post vi suggerisco un fil rouge tutto al femminile.

10 ritratti da non perdere alla National Portrait Gallery

Anna Bolena – Room 1, Floor 3

Questo ritratto ci mostra il viso di colei per la quale Enrico VIII perse la testa: una donna dal collo lungo, bocca larga e con “occhi neri e belli”.

Una bellezza insolita che ossessionerà il re a tal punto da chiedere l’annullamento del matrimonio con la moglie, Caterina d’Aragona, fino ad arrivare alla rottura con la Chiesa di Roma e allo scisma anglicano.

National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)
The Most Happy, l’infausto motto scelto da Anna Bolena

Il resto è storia nota: il matrimonio segreto, la nascita della figlia (e futura regina) Elisabetta, la ricerca disperata di un erede maschio, l’arrivo a corte di Lady Jane Seymour con il volubile re che s’innamora di nuovo, le false accuse di tradimento e la condanna a morte.

Anna Bolena verrà decapitata il 19 maggio 1536 dopo essere stata imprigionata alla Torre di Londra, con Enrico VIII che ordinerà di distruggere tutto ciò che poteva ricordarla, ritratti compresi.

Un tentativo non riuscito di destinarla all’oblio, come testimonia anche quest’opera giunta fino a noi.

Elisabetta I – Room 1, Floor 3

Diversi sono i ritratti che raffigurano l’ultima regina della dinastia Tudor, ma pochi furono quelli dipinti dal vivo.

Certamente lo fu il cosiddetto Darnley Portrait, conservato proprio qui alla National Portrait Gallery e così chiamato dal nome del Conte di Darnley da cui il dipinto venne acquistato nel 1925.

Questo ritratto divenne il modello di riferimento per la riproduzione del volto di Elisabetta I per tutti gli anni del suo regno: nessun altro dipinto ebbe una diffusione così ampia, a dimostrazione del successo di questa composizione, più realistica di alcuni ritratti successivi che hanno invece contribuito a creare l’immagine di una Virgin Queen senza età.

In quest’opera Elisabetta I è raffigurata con un aspetto imperioso e ciò che colpisce maggiormente è la mascolinità degli abiti, a partire dal doppiopetto in stile polacco che contribuisce a creare l’immagine di una sovrana alla pari delle sue controparti maschili.

National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)
Elisabetta I nel Darnley Portrait

Interessante notare che i colori di questo ritratto sono cambiati in modo significativo nel corso del tempo: l’analisi tecnica ha dimostrato che la carnagione estremamente pallida della regina era in origine molto più rosea, sfatando quindi il mito che Elisabetta avesse tratti molto chiari (anche se è noto che nell’ultima parte del suo regno usava truccarsi di bianco).

Ada Lovelace – Room 16, Floor 3

Possiamo dire che la macchina analitica tesse modelli algebrici proprio come il telaio Jacquard tesse fiori e foglie

Spesso descritta come la prima programmatrice di computer al mondo, Ada Lovelace è figlia d’arte.

Sua madre era infatti Anne Isabella Milbanke, matematica, mentre suo padre nientedimeno che il celebre poeta George Byron.

Proprio per paura che potesse in qualche modo percorrere le orme del padre, Lady Byron indirizzò l’interesse di Ada verso la matematica e la logica.

Questa sua predisposizione le permise di entrare in contatto con diversi scienziati dell’epoca, tra cui il matematico Charles Babbage con il quale sviluppò un rapporto di lavoro oltre che di amicizia.

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Ada Lovelace (e Charles Babbage)

Lovelace produsse della letteratura scientifica a sostegno della macchina analitica che Charles Babbage stava progettando, partendo dalla traduzione di un articolo dell’italiano Luigi Menabrea (matematico, generale e futuro primo ministro del Regno d’Italia) e integrandola con delle note che di fatto contengono il primo algoritmo della storia, anticipando così un’era.

Nel 1979 il suo nome è stato dato a un linguaggio di programmazione: Ada.

Mary Wollstonecraft – Room 12, Floor 3

Chi ha reso l’uomo il giudice esclusivo, se la donna condivide con lui il dono della ragione?

Una delle fondatrici del movimento femminista britannico.

Nel suo A Vindication of the Rights of Woman, pubblicato nel 1792, Mary Wollstonecraft sostiene con forza la necessità di emancipare ed educare le donne attraverso la scuola.

Lei stessa, pur partendo da una posizione sociale svantaggiata, riuscì ad acquisire una formazione classica e ad affermarsi come traduttrice e scrittrice, diventando un membro del circolo radicale londinese che comprendeva tra gli altri William Blake, Thomas Paine e William Godwin, che in seguito sposò, e aderendo con entusiasmo agli ideali di uguaglianza della Rivoluzione Francese.

In questo dipinto è ritratta con abiti semplici a sottolineare il suo punto di vista sull’abbigliamento: secondo Wollstonecraft il modo di vestire non doveva infatti né distorcere né nascondere la forma umana, ma piuttosto “adornare la persona e non rivaleggiare con essa”.

National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)
Mary Wollstonecraft nel ritratto in basso a destra

Nel momento in cui fu ritratta era inoltre incinta della figlia, la cui nascita le sarebbe costata la vita.

Il suo nome? Mary come lei, ma prenderà il cognome del marito, Shelley. Mary Shelley, l’autrice di Frankenstein.

Mary Shelley – Room 17, Floor 3

Profondamente influenzata dagli scritti dei suoi genitori, fu proprio grazie all’attività di editore del padre che Mary conobbe Percy Shelley, giovane poeta affascinante e rivoluzionario.

A soli sedici anni fuggì con lui in Europa, destando grande scandalo in quanto Shelley era già sposato, preludio di quella che si rivelerà una vita matrimoniale tormentata e costellata da continui spostamenti, con una particolare predilezione per l’Italia.

Ma è nel 1816 sulle sponde del Lago di Ginevra, mentre trascorrono l’estate con Lord Byron e John William Polidori, che Mary Shelley concepisce l’idea per quello che è il romanzo gotico più famoso della letteratura: Frankenstein or the Modern Prometheus.

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Mary Shelley immortalata tra Lord Byron, Polidori e il marito Percy Shelley

Terminato un anno dopo, all’inizio dell’estate del 1817, Frankenstein fu pubblicato inizialmente in forma anonima: recensori e lettori ipotizzarono poi che l’autore fosse Percy Shelley, poiché il libro fu pubblicato con la sua prefazione e dedicato a William Godwin, padre di Mary, e ci volle diverso tempo prima che l’opera le venisse riconosciuta.

Brönte Sisters – Room 21, Floor 2

Si tratta dell’unico ritratto di gruppo superstite di una delle più importanti famiglie letterarie britanniche: quello delle tre sorelle romanziere Anne, Emily e Charlotte Brontë.

I loro romanzi più noti – Agnes Grey di Anne, Cime Tempestose di Emily e Jane Eyre di Charlotte – furono tutti pubblicati nel 1847 con gli pseudonimi maschili di Acton, Ellis e Currer Bell.

Ad accomunarle anche un tragico destino, con Emily e Anne che morirono di tubercolosi ad un anno l’una dall’altra, appena trentenni, mentre Charlotte morì durante la gravidanza che non aveva ancora compiuto quarant’anni.

Al centro del dipinto si intravede una figura maschile, quasi certamente l’autoritratto dell’artista, il fratello Branwell, anche lui poeta e pittore seppur meno famoso.

National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)
Anne a sinistra, Emily al centro (oltre che da sola nel dipinto più piccolo) e Charlotte a destra

Essendo rimasta ripiegata per molti anni sopra un armadio, l’opera risultava segnata al momento dell’acquisto da parte della National Portrait Gallery.

Tuttavia, quando si trattò di procedere con il restauro, i curatori decisero che lo stato danneggiato del dipinto era di per sé espressivo e meritava di essere conservato.

Ancora oggi è tra le opere più apprezzate della National Portrait Gallery.

Virginia Woolf – Room 24, Floor 2

Considerata una delle maggiori scrittrici del XX secolo, Virginia Woolf fu pioniera nell’uso del monologo interiore, il cosiddetto “flusso di coscienza”.

A partire dal 1905, insieme alla sorella Vanessa Bell, ospitarono nella loro casa di Bloomsbury a Londra – al numero 46 di Gordon Square – gli incontri del giovedì sera di scrittori, artisti e intellettuali riuniti nel Bloomsbury Group.

In particolare i Bloomsberry abbracciavano una cultura di uguaglianza e libertà sessuale, informalità e acceso dibattito intellettuale, in gran parte in contrasto con la rigida educazione vittoriana ricevuta.

Tali temi si ritrovano anche nei romanzi di Virginia Woolf e il suo saggio Una stanza tutta per sé pubblicato nel 1929 è diventato un classico della letteratura femminista.

Il ritratto, dipinto nel 1912 proprio dalla sorella Vanessa, mostra la sorella seduta su una poltrona mentre lavora a maglia.

National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)
Virginia Woolf e una stanza tutta per sé

I lineamenti del viso sono sfocati, quasi astratti, ma anziché allontanarla, questa sfocatura serve a conferire al ritratto un senso di intimità e a sottolineare l’importanza della sua creatività interiore.

Nonostante il successo letterario, il matrimonio felice con Leonard Woolf e la ricchezza delle sue relazioni, Virginia Woolf nascondeva una fragilità psichica che la portò a togliersi la vita nel 1941.

Wallis, Duchess of Windsor – Room 27, Floor 2

I’m not a beautiful woman. I’m nothing to look at, so the only thing I can do is dress better than anyone else

C’è anche lei alla National Portrait Gallery, Bessie Wallis nata Warfield, l’americana che cambiò per sempre la storia della monarchia britannica.

National Portrait Gallery: 10 ritratti da non perdere (tutti al femminile)
Wallis

Cresciuta in Pennsylvania, sposò in prime nozze un pilota della US Navy, Earl Winfield Spencer, ma scoprì ben presto che nascondeva un brutto temperamento.

Una volta chiesto e ottenuto il divorzio si risposò con un ben più rassicurante gentiluomo inglese, Ernest Simpson, con cui si stabilì a Londra e grazie al quale riuscì a inserirsi in un circolo di amicizie aristocratiche.

Fu così che nel 1931 conobbe Edoardo, Principe di Galles e primo in linea di successione al trono: tra i due nacque fin da subito una forte complicità e nel giro di pochi anni Wallis divenne l’amante di Edoardo.

Con la morte di Giorgio V nel gennaio del 1936, Edoardo divenne il nuovo sovrano: la sua insistenza nel voler sposare la due volte divorziata Wallis Simpson provocò una crisi costituzionale che si risolse con la sua abdicazione.

Edoardo e Wallis vennero nominati Duca e Duchessa di Windsor e poterono finalmente sposarsi l’anno successivo.

Questo ritratto era appeso nella biblioteca della loro casa di Bois de Boulogne, a Parigi, dove vissero per la maggior parte del loro matrimonio.

Diana, Princess of Wales – Room 28, Floor 2

Non poteva mancare Lady D in questa carrellata di ritratti da non perdere alla National Portrait Gallery.

Figlia minore dell’ottavo Conte Spencer, Diana sposò Carlo, Principe di Galles, nel 1981 con una cerimonia da favola trasmessa in diretta mondiale.

Tutti sappiamo che la favola non ha poi avuto il suo happy ending e, complice purtroppo anche il tragico incidente al tunnel del Pont de l’Alma a Parigi, Diana è diventata un’icona senza tempo.

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Lady D. icona senza tempo

In questo dipinto, realizzato all’epoca del fidanzamento con il Principe di Galles, è immortalata nella sua eterna giovinezza seduta nella Yellow Drawing Room di Buckingham Palace.

Elisabetta II, The Queen – Room 28, Floor 2

Abbiamo iniziato con una regina e non possiamo che chiudere con The Queen, la sovrana più longeva della storia britannica.

Nel 1969, gli amministratori della National Portrait Gallery commissionarono all’artista italiano Pietro Annigoni un nuovo ritratto di Elisabetta II.

La Regina stessa aveva espresso la sua preferenza per l’artista che l’aveva già ritratta una volta nel 1954, due anni dopo la sua incoronazione.

Il secondo ritratto di Annigoni richiese 10 mesi e 18 sedute per essere completato: si tratta di una composizione allo stesso tempo spoglia e monumentale, in sorprendente contrasto con il precedente ritratto di Annigoni dove una giovane Elisabetta era rappresentata in una luce di romantica regalità, mentre qui si avverte tutto il peso della responsabilità e della solitudine della sovrana.

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The Queen

National Portrait Gallery: biglietti e orari di apertura

L’ingresso alla National Portrait Gallery è libero e gratuito, anche se è suggerita la prenotazione sul sito ufficiale.

La galleria è aperta tutti i giorni dalle 10.30 alle 18.00 e fino alle 21.00 venerdì e sabato.

Come raggiungere la National Portrait Gallery

La National Portrait Gallery si trova praticamente dietro Trafalgar Square, in St Martin’s Place.

Le fermate della metro più comode sono:

  • Charing Cross servita da Northern e Bakerloo Line
  • Leicester Square servita da Northern e Piccadilly Line.

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